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Tre uomini e un cane sul Sentiero degli Dei di Luigi Torino

Ho aperto il libro e ho cominciato a scorrere le pagine, spinto da una curiositas che Torino è riuscito a suscitare fin dalle prime pagine. A metà libro ho voluto interrompere la lettura e ho iniziato a riflettere sul titolo per interpretarne il messaggio. Di ogni romanzo il titolo rappresenta il primo elemento significativo perché sintetizza il contenuto della tematica trattata e induce il lettore a focalizzare la sua attenzione sull’intento che l’autore vuole raggiungere.

Torino, con il suo titolo, annuncia un viaggio attraverso il Sentiero degli Dei, cioè lungo quei luoghi il cui nome, ispirato ad un antico mito, rappresenta una prima eco di impronta culturale classica.

Il Sentiero degli Dei assume una funzione simbolica e ai tre uomini, con il cane (vero motore della storia), viene attribuito il sapore di un ulissismo anche se in chiave assai moderna.

Il romanzo di Torino, così, nell’ampio quadro della narrativa contemporanea, si inscrive in quel filone che è volto ad indurre l’uomo del XXI secolo ad approcciarsi alla conoscenza attraverso la diretta esperienza.

Luigi Torino, scrittore autodiegetico, protagonista della storia da lui stesso raccontata, vivacizza la fabula presentando tutta la Costa d’Amalfi, dall’Abbadia benedettina di Cava de’ Tirreni a Positano, che egli ama profondamente e che la fa osservare e voler bene anche al lettore.

Il Viaggio è solo apparentemente la metafora di un’evasione dalla quotidianità: il percorso nasce dall’amor loci e si proietta in un cammino culturale che ne diventa il sostrato.

Si è in presenza di una dantesca puntualità nelle descrizioni di tutti i luoghi cui si aggiungono derive di natura etica, le quali orientano a scegliere tra l’utile e l’inutile: le scelte dell’uomo, sembra ammonire lo scrittore, non possono essere determinate sulla spinta delle passioni ma sulla scia del pensiero raziocinante.

Torino sviluppa la trama con sapiente abilità perché coniuga realtà e fantasia con determinazione, e racconta con umoristico brio le imprese dei tre coprotagonisti, accompagnati da un cane dotato da intelligenza e intuito. Non mancano alcune divagazioni come quella, ad esempio, sul progresso scientifico e sui risultati ottenuti; questi momenti rafforzano nel lettore la convinzione del tentativo, indubbiamente ben riuscito, di inserire nel romanzo, in modo mirato e ancora alla maniera dantesca, lo scibile posseduto dallo scrittore. E, in tal modo, il lettore, attratto dalla bellezza del Giardino Segreto dell’Anima, ripercorre, insieme a Torino, un poderoso excursus letterario, assai raro da incontrare nella cultura contemporanea.

Il romanzo di Torino va letto con molta attenzione onde evitare il rischio di trascurare quei momenti che potrebbero apparire parvi ponderis: è sempre valido il consiglio di Teagene di Reggio, un critico letterario greco del VI secolo a.C., il quale affermava: “Se cerchi bene, troverai. La lettura, invero, richiede passione: occorre accostarvisi con intelligenza critica.

Luigi Torino ha inteso curare anche l’aspetto estetico e, di questo, mi piace riportare un passo: “…camminare immersi nella natura, senza alcuna barriera tra noi e l’immenso, in un’intimità primordiale”, dal sapore tutto dannunziano.

Torino, infine, oltre a soffermarsi sulla bellezza dei luoghi, sulla storia, sull’arte, dedica ampio spazio alle tradizioni del territorio, anche a quelle di cucina (scialatielli, ‘ndunderi, carbonara ai frutti di mare, ecc.) e di pasticceria (torta “ricotta e pere”, delizia al limone, coda d’aragosta, ecc.).

Recensione di Prof. Michele Fasolino

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