Raggiungibile sia da Amalfi, prendendo il percorso di Valle dei Mulini, sia da Pontone di Scala, la Riserva Naturale Orientata di Valle delle Ferriere fa parte del Parco Regionale dei Monti Lattari ed è di grande interesse naturalistico e storico.
Insieme alle diverse aree SIC (Siti di Interesse Comunitario) e ZPS (Zone di Protezione Speciale) del Parco, la Valle svolge una particolare funzione di protezione e salvaguardia delle specie animali e vegetali e rientra in un programma di protezione e salvaguardia promosso dalla Comunità Europea con la Direttiva 92/43/CEE Habitat, che istituisce un sistema di aree denominato Rete Natura 2000. L’intento è quello di preservare, attraverso la creazione della rete ecologica, la biodiversità di un’area attraverso l’adozione di strumenti in grado di frenare il processo di frammentazione ambientale. Ricca di vegetazione, la Valle delle Ferriere ospita al suo interno la felce gigante, Woodwardia Radicans, che fu segnalata per la prima volta, nel 1710, dal botanico Micheli. Questa Felce, le cui foglie possono raggiungere i 180 centimetri di lunghezza, è tipica delle regioni calde a forte piovosità. La si può trovare in India, Cina, Azzorre, Spagna e Portogallo. Molte le specie animali che abitano la Valle, e tra queste la salamandrina dagli occhiali e la lontra.
Un microclima caldo umido ha permesso la permanenza di una vegetazione subtropicale del Terziario. Qui si rilevano infatti felci rare quali la Pteris cretica, la Pteris vittata e la Woodwardia radicans (quest’ultima nell’ultimo tratto dove occorre chiedere autorizzazione per l’accesso al Corpo Forestale, in quanto riserva naturale integrale), oltre la Pinguicula hirtiflora Ten, piccola pianta carnivora, che costituisce invece un relitto glaciale. Di rilievo naturalistico sono gli habitat costituiti dalle pareti stillicidiose con muschi, capelvenere e scolopendrie.
Se oggi è un suggestivo sentiero CAI, anticamente la Valle delle Ferriere era luogo produttivo per eccellenza. Il Torrente Canneto o Chiarito, che lungo il suo percorso crea una serie di cascate, veniva sfruttato per svariate attività. Attraverso un sistema di canalizzazione oggi in disuso, ma ancora visibile, serviva per irrigare i campi e i terrazzamenti: durante la notte con una turnazione stabilita, venivano riempite le cisterne per utilizzare l’acqua durante le ore lavorative. Tra il XII e il XIII secolo nella Valle dei Mulini sorsero svariate cartiere (fino ad arrivare a 16) che sfruttavano la potenza del Canneto. Dalla macerazione degli stracci di cotone, lino e canapa si otteneva una poltiglia di cellulosa che, stesa su appositi telai, veniva trasformata in fogli pressati e messi ad asciugare su lunghi stenditoi esposti al vento. Questa carta, detta bambagina, era molto pregiata e viene prodotta ancora oggi nelle uniche due cartiere attive.
Ma la Valle delle Ferriere deve il suo nome innanzitutto all’antica fabbrica del ferro che, nel Medioevo, produceva materia prima per le botteghe artigiane di tutta la Costiera. Tale opificio, situato all’interno della Valle per sfruttare al massimo l’energia dell’acqua, produceva materiale ferroso, che – una volta liquefatto – veniva lavorato per ricavare le “centrelle”, cioè chiodi con la testa rotonda che servivano per le calzature. La ricchezza del Fiume Canneto si può riscontrare anche nella presenza di una centrale idroelettrica. L’acqua veniva raccolta dal fiume mediante un sistema di canali e veniva fatta convogliare in una tubazione. La velocità dell’acqua in caduta metteva in moto delle turbine che a loro volta trasmettevano il moto agli alternatori. Lungo il sentiero si nota qualche traliccio metallico che dimostra come la corrente prodotta nella valle veniva trasportata ad Amalfi fino alla fine degli anni ’50.
L’escursione da Pontone
Partendo dal sentiero che ha inizio nella piazzetta di Pontone a circa 290 m slm si possono osservare reperti di epoche diverse ed ambienti incontaminati. La frazione di Pontone presenta alcuni elementi architettonici che vale la pena di osservare prima di iniziare la discesa, quali le rovine della chiesa di S. Eustachio (sec. XII), visibili dalla piazza di Pontone.
Il sentiero scende giù nella valle percorsa dal torrente Chiarito, che sfocia ad Amalfi, lasciando alle quote superiori i boschi di castagno e boschi misti di caducifoglie, che si intervallano a terrazzamenti fino a giungere alla riserva naturale protetta.
Proseguendo, il sentiero costeggia in diversi punti il fiume Chiarito che crea spesso suggestive cascate e piccoli specchi di acqua dove è possibile bagnarsi. Lungo il suo corso si sviluppano formazioni ripariali con ontano napoletano e boschi misti di caducifoglie, con un corteggio floristico variegato, fra cui si cita la rara Erica terminalis. La discesa continua costeggiando boschi e radure fino a quando uno spettacolo di natura diversa si apre agli occhi del visitatore: costruzioni protoindustriali che sfruttavano la forza motrice dell’acqua del torrente per le proprie produzioni. Questi edifici, soprattutto cartiere, sono sostanzialmente identici e presentano una peculiare architettura finalizzata allo sfruttamento della forza motrice dell’acqua, formando tipiche strutture allungate a più piani, longitudinali al corso del torrente o a ponte su di esso: l’acqua del torrente veniva condotta attraverso un canale posteriore all’edificio fino alle macchine e alle vasche, controllata sempre da chiuse che permettevano di limitarne la quantità e la forza; in alcuni casi delle torri coniche permettevano la raccolta dell’acqua per determinare una quantità costante.
Gli ambienti interni sono caratterizzati da volte che hanno una diversa tipologia in funzione del periodo di realizzazione: a crociera per il XIII secolo (le cartiere di questo periodo sono state sostituite da altri edifici, perché erano più vicine all’abitato), a vela per gli edifici rinascimentali, a botte per quelli del Settecento e dell’Ottocento. Solitamente edifici adibiti a spanditoi erano costruiti vicino alle cartiere.
Gli edifici che è possibile osservare non sono sempre visitabili perché, benché in attività fino al primo cinquantennio del Novecento, versano in condizione statiche non sempre buone e sono pericolanti.
La prima cartiera che si incontra è quella di proprietà Milano, a tre piani, con all’interno ancora le macchine per la produzione; seguono più in basso i ruderi di due cartiere, quella Nolli e quella Treglia, in pessimo stato; la più imponente è quella Lucibelli, a sei piani, dove il proprietario abitava, ed essendo a ponte presentava una capriata lignea ormai distrutta.
Scendendo verso il centro di Amalfi si possono osservare diverse altre cartiere, tra cui si ricorda quella attualmente convertita a Museo della Carta, originariamente tutta fuori terra, ora sottoposta per un piano alla strada, con vasche, canali e spanditoio che è possibile visitare per capire come gli amalfitani riuscivano a sfruttare la forza dell’acqua per creare un prodotto di eccellenza.
Nella valle erano presenti anche una saponiera (abbattuta nel 1980, in seguito ai danni derivati da un sisma), una ferriera (iniziata al tempo dei Borbone ed interrotta nel 1800), un confettificio, una calcara, una polveriera e una centrale idroelettrica (tutte strutture allo stato di ruderi).